Vivere nella gioia
invito del vescovo
Le parole del Vescovo per l’inizio dell’anno pastorale
Ce lo ricordiamo spesso: mettiamoci in ascolto. In ascolto del Signore e della sua Parola. In ascolto dei fratelli e delle sorelle che ci manifestano il soffio dello Spirito. In ascolto della storia nella quale Dio con la sua Provvidenza si rende presente, soprattutto con la mano tanto discreta quanto potente degli umili.
Anch’io ho voluto mettermi in ascolto di un brano evangelico carico di promessa e di speranza, per iniziare il nuovo anno illuminati da quel “sole che sorge dall’alto”
Vangelo di Giovanni (Gv 2,1-12),
“Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”. E Gesù le rispose: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”. 5Sua madre disse ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”.
6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: “Riempite d’acqua le anfore”; e le riempirono fino all’orlo. 8Disse loro di nuovo: “Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto”. Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: “Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora”.
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.12Dopo questo fatto scese a Cafàrnao, insieme a sua madre, ai suoi fratelli e ai suoi discepoli. Là rimasero pochi giorni.”
La gioia umana che non viene a mancare
Il brano del Vangelo di Giovanni, conosciuto come “le nozze di Cana” è un racconto che ci parla della gioia e della mancanza, dell’abbondanza e del timore, ma soprattutto ci parla del volto di Dio che si rivela nel volto umano di Gesù. In questo episodio, con la delicatezza di un gesto silenzioso ma potente, Gesù viene incontro alla nostra umanità — così fragile, esposta alla stanchezza, al fallimento, alla mancanza di senso — per farle ritrovare una gioia piena, autentica, una gioia che ha radici divine ma che si manifesta nella semplicità della vita quotidiana.
a) Il vino della festa: la gioia umana che si esaurisce
Gesù viene invitato a una festa di nozze. È lì con sua madre, è lì con i suoi discepoli. Non si trova in un tempio o in un luogo solenne, ma in una casa, in un momento di festa, nel cuore della vita umana. E subito il racconto ci presenta una mancanza: “Non hanno vino”. Il vino, nella Bibbia, è simbolo della gioia, dell’amore, della festa. Quando viene a mancare il vino, si affaccia la tristezza, il vuoto, la fine di un sogno.
Quante volte anche nelle nostre comunità, nelle nostre famiglie, manca il vino. Quante volte le nostre celebrazioni sono sobrie ma non festose, corrette ma non calorose. Ci si incontra, ma non ci si scalda il cuore. E quante persone, anche tra noi, cercano una gioia che sia vera, profonda, che non si consumi subito, che non sia solo emozione effimera. Cercano un vino buono, e trovano acqua tiepida.
b) Gesù e Maria: una compassione condivisa
In questo contesto, Maria ci appare come colei che si accorge del bisogno e si fa ponte tra la necessità umana e la potenza divina. “Non hanno vino” dice, senza chiedere, senza comandare. Solo constata un bisogno. E in quel bisogno, già si intravede la fiducia.
Gesù risponde con parole che ci sorprendono: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”. Eppure, Maria non si ritrae, non discute, ma lascia spazio alla fiducia: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. In questo scambio c’è un insegnamento profondo: il Signore non agisce per automatismo, ma nel dialogo, nella relazione, nella maturazione di una risposta d’amore.
Anche noi siamo chiamati a questo: non pretendere da Dio miracoli, ma porre con umiltà davanti a Lui le nostre povertà, e soprattutto disporci all’ascolto: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. È nella docilità, nell’obbedienza del cuore, che si compie il miracolo.
c) Un segno nascosto, una gloria rivelata
Gesù non compie un miracolo clamoroso. Non fa discorsi solenni, non convoca la folla. Dice semplicemente ai servitori: “Riempite d’acqua le anfore”. E quella acqua — simbolo della nostra vita ordinaria, delle nostre abitudini, delle nostre giornate grigie — diventa vino. Un vino abbondante e buono.
Ecco, qui si manifesta la forza trasfigurante dell’umanità di Gesù. Egli non è venuto a distruggere ciò che siamo, ma a portarlo al compimento. È entrato nella nostra carne per redimere la nostra umanità dall’interno, per farla fiorire. La festa non è finita: anzi, inizia davvero quando è Gesù a donare il vino.
Impariamo a leggere questi “segni” come inviti a una fede matura, che sa scorgere nella vita comune la presenza straordinaria del Signore. Non dobbiamo cercare altrove la gioia vera: essa è nascosta nel quotidiano, pronta a rivelarsi se lasciamo entrare Cristo nelle nostre “nozze”, cioè nei nostri legami, nelle nostre storie, nelle nostre fatiche.
d) Una Chiesa che sappia donare il vino buono
Questo Vangelo ci interpella come comunità cristiana. Siamo ancora capaci di offrire il vino buono? Oppure presentiamo sempre e solo ciò che è corretto, ma non ciò che scalda il cuore?
Tante persone si allontanano perché non sentono il calore del fuoco e il profumo della gioia. Non la superficialità, ma quella gioia che nasce dalla fede, dalla speranza, dalla comunione fraterna. Forse abbiamo anfore piene di acqua — riti, parole, gesti — ma solo l’incontro vivo con Cristo può trasformare quell’acqua in vino.
e) Conclusione: Una gioia possibile
Il Vangelo termina con queste parole: “Questo fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù… Egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”.
Il miracolo non ha cambiato solo l’acqua: ha trasformato anche i cuori. I discepoli hanno iniziato a credere perché hanno visto la gloria nascosta nell’umanità di Gesù. Anche noi possiamo fare questa esperienza. Anche oggi, nella stanchezza delle nostre parrocchie, Cristo può ridonare il vino della gioia.
Ma occorre aprirgli la porta, come a Cana. Occorre avere cuori docili e comunità accoglienti. Occorre essere madri come Maria, che sappiano intercettare le mancanze e sussurrare: “Non hanno vino”. Allora, sì, il miracolo può accadere ancora.
23 ottobre 2025

