22 Giugno 2020

Vuoto a credere

By don Adriano Parroco

«Vuoto a credere», anziché vuoto a perdere, del giornalista Enzo Romeo, Àncora editore, è un diario del «tempo sospeso» attraversato dal Papa dalla Santa Sede e dalla Chiesa italiana dal 26 gennaio al 3 maggio, ma finisce col suggerire una chiave di lettura teologica, perché «il vuoto è la condizione migliore per riempire di senso nuovo e autentico le nostre esistenze».

Romeo ha l’occhio attento del cronista, che raccoglie i fatti, annota gli eventi anche minuti, ricorda i protagonisti grandi e piccoli della cronaca, per raccontare, «la fede, la chiesa e il papa al tempo del coronavirus».

A partire, spesso, da piazza San Pietro, una piazza dove il 26 gennaio, quando «c’è tanta gente», il Papa parla per la prima volta del coronavirus, ma è una preghiera per i cinesi e «il pericolo visto dall’Italia sembra molto lontano, un’eventualità remota». È un crescendo, fino al momento straordinario di preghiera presieduto da Bergoglio il 27 marzo. «Piove su Roma. All’imbrunire il papa attraversa il deserto di piazza San Pietro fino a raggiungere il sagrato della basilica. Un’immagine quasi irreale, ma è così al tempo della pandemia», racconta Romeo. Alla fine, «il papa forma il segno della croce con l’ostensorio puntato verso il fondo della piazza, che si apre su via della Conciliazione, vuota come non mai, simile a una pista di decollo. Di fronte a queste immagini, scrive il vaticanista, «di primo acchito, ci siamo spaventati. Eravamo abituati alle folle, ai saluti festosi, ai riti collettivi. E invece vedevamo il papa pregare da solo, avendo come unici compagni un grande crocifisso e un’icona della Vergine. Nient’altro. Poi, pian piano, abbiamo capito che il vuoto è fatto per essere colmato, che anzi proprio il vuoto è la condizione migliore per riempire di senso nuovo e autentico le nostre esistenze. Diventate troppo piene. Di tutto: di cose, di ansie, di aspettative, di recriminazioni. Vite che adesso potevano essere “alleggerite” e rimodellate. L’altra faccia del vuoto è la pienezza, l’altro lato del silenzio è l’ascolto».

«Vuoto a credere» è un diario puntuale delle settimane del coronavirus visto da piazza San Pietro, ma non solo.

Sembra importante non dimenticare la lezione. «Durante il lockdown della pandemia siamo stati tutti un po’ costretti alla clausura». «Ebbene, un intellettuale che aveva scelto liberamente la clausura della trappa, Thomas Merton, ha scritto: “Vi sono dei momenti nei quali, solo per mantenerci in esistenza, dovremmo semplicemente metterci a sedere senza far nulla. E per chi ha lasciato che la sua attività lo traesse completamente al di fuori di sé, nulla è più difficile che starsene seduto zitto e quieto, non facendo proprio nulla. Proprio l’atto di fermarsi è il più duro e coraggioso che possa compiere: e sorpassa spesso tutte le sue possibilità. Prima di poter agire saggiamente o fare un’esperienza in tutta la sua realtà umana dobbiamo riprendere il dominio del nostro essere. Ogni nostro agire è vano fino a quando non ci possediamo” (Nessun uomo è un’isola, Milano 1991, p. 136). Ecco un significato che si può dare al vuoto a credere che è stato il tempo della pandemia».